giovedì 11 aprile 2013

^Sigh^Life! - Musicofilia


La musica e il suono ricoprono una parte importante della mia vita. Forse la più importante e confortevole.
Il fumetto occupa invece da sempre una parte scomoda, battagliera, corsara e invadente. In effetti, se con la prima, sotto molteplici forme, ci vivo, con il secondo ci lascio le penne, in un confronto impossibile sul piano razionale, fisico, logico ed economico. Ritengo ancora il fumetto una (non)cosa sfuggente, per ragioni che non so spiegare, ma che hanno tutte a che fare con il suo modo meticcio e stratificato di essere. Nel suono, come salmone, sono risalito a ritroso alla sorgente, o quel che più vi si avvicina. Non saprei dire qual è la sorgente del fumetto
La linea?
Il simbolo?
La forma?


Osservo spesso le persone in chiave ritmica. Gli essere umani sono vere e proprie orchestre musicali viventi composte di battito del cuore, ritmo respiratorio, intonazione della voce, ritmo dell’eloquio, gestualità, velocità del passo, tono muscolare, …
Allo stesso modo, mi capita di osservare il fumetto, leggendo il flusso dinamico della composizione, le tavole, le vignette che le costituiscono, le vicende incluse ed escluse (implicite), la densità della narrazione, lo sviluppo temporale dell’intreccio, i movimenti simulati sulla carta dei personaggi, il suono silenzioso delle parole scritte, delle onomatopee. Recentemente, per convergenza di interessi e opportunità, ho seguito questo semplice ascolto nella lettura di Julia. Vedi come il fumetto porta naturalmente alla sinestesia? Ho ascoltato la lettura di Julia attraverso il ritmo. È un’esperienza ritmico-compositiva eccezionale, che si rinnova mese dopo mese. La composizione, pur nella durezza delle vicende narrate, è armonica, cadenzata, equilibrata ma mossa. Se prendi l’ultimo, bellissimo numero, puoi cogliere alcuni di questi elementi nell'uso ricorsivo dei flashback, negli stacchi da un luogo (il presente di Myrna) a un altro (il presente di Julia), nell'uso e nello sviluppo della pulsazione di base della serie (la vignetta, un sesto della tavola), nella scelta delle inquadrature.
Per inciso, pensiamo un attimo a questo. L’accostamento di cinema e fumetto spesso ci porta a sottovalutare una differenza essenziale: quel che viene fermato nel cinema è un reale che esiste (certo certo, l’evoluzione della computer graphics nei film sta cambiando radicalmente questo concetto, in particolare per l’animazione, ma qui sto pensando al cinema tradizionale); nel fumetto, quel che viene fermato è un reale inesistente, che deve essere inventato dal nulla, da una pagina bianca, attraverso linee e macchie e colori, attraverso il disegno che nel momento stesso in cui riprende il reale, lo interpreta e diviene simbolo. In questa costruzione, su pagina, il tempo lineare e il simbolo circolare creano percorsi musicali sinestetici, giocando con la musica che abbiamo in testa.

A tal proposito, mi viene in mente un libro che tratta in diversi modi il tema della musica in testa, Musicofilia di Oliver Sacks (ed. Adelphi). Il celebre approccio esemplare di Sacks riporta diversi casi nei quali la musica esiste nella nostra mente ma non nel piano comunemente detto reale. Purtroppo, a Sacks sembra mancare una comprensione più profonda della musica e di quel che rappresenta per l’essere umano, e svolge un compito freddo e privo di intuizioni importanti.
Ma il punto è che la difficile relazione tra fumetto e musica è più stretta di quanto possa sembrare, e si sviluppa proprio nei silenzi delle scelte degli autori che i fumetti li costruiscono, negli spazi bianchi tra le vignette e nel rapporto intimo tra quel che c’è e quel che il lettore simbolicamente ricostruisce.
Quando questo rapporto si fa esplicito e diretto, come nel caso del Paradiso delle trottole di cui ho detto, oppure nel lavoro di Daniele Sepe di cui parlerò a breve, può succedere che avvengano strani cortocircuiti. In positivo quando l’astrazione musicale si arricchisce del meticciato fumettistico (è il caso dello sguardo di Akab in Fui feto e in Era de Maggio nel lavoro con Daniele Sepe); oppure viene banalizzata e semplificata, quando l’interpretazione fumettistica è didascalica e priva di un’idea precisa.
Queste complesse relazioni e astrazioni, che la mia mente ricerca e apprezza, sono anche una delle importanti chiavi di lettura con le quali valuto e critico i fumetti che leggo. Una composizione a fumetti disarmonica, con un ritmo incerto, con una consapevolezza della dimensione temporale e simbolica (orchestrale e armonica) involuta difficilmente potranno colpirmi favorevolmente. Il contrario, diventa una sinfonia sinestetica di piacere (ascolta le pagine di Taniguchi, e godi!).

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