martedì 30 dicembre 2014

^Sigh^Life! - Not an atom of hell shall enter into my paradise

L’amore si confonde col sesso. L’amore è una serie di scatole cinesi. 


L’amore può liberare. L’amore può essere una dannazione. 
Il ricordo, che non si spegne, si lega alle aspettative, alle emozioni, alle abitudini.
Siamo condizionati da idee e giudizi che neppure ci appartengono, portate avanti da innumerevoli generazioni. Se non ci fermiamo a riflettere, a creare spazio dentro di noi, i condizionamenti diventano meccanismi indistruttibili che ci muovono come marionette.
Il dolore, la malattia e l’imprevisto possono rompere quei meccanismi, e portare a nuova luce, nuove intuizioni, un diverso livello di consapevolezza. A quel punto, ciò che fa la differenza sono gli strumenti che si è riusciti a raccogliere, interiorizzare nel corso degli anni attraverso la pratica, l’esperienza, l’azione e le relazioni.



Ogni mattina, ogni interazione o pensiero, ci mette a contatto con il nostro inferno personale, fatto di violenza, mancanza di rispetto e sordità. Ogni istante possiamo identificarci con queste parti di noi, agirle senza neppure chiederci cosa diavolo stiamo facendo. Chi siamo, e qual è la nostra vera natura. 
Ogni giorno possiamo essere all’inferno o in paradiso. 

È successo a molti di perdersi in una o più storie affettive complesse, dolorose e assordanti. Di quelle in cui vieni rapito, in cui perdi il contatto con il tuo centro, in cui il demone del desiderio, del bisogno e della paura danno all’altro un potere infinito. Potere di gioia e dolore su di noi, potere di vita e di morte. Perché quando soffri, quel dolore sembra davvero poter portare all’annientamento di sé. Oscillazioni, perdita di controllo, insanità.



A volte, queste relazioni finiscono. Spesso no. Quando finiscono offrono due cose: immenso dolore/disperazione; libertà. A noi la sfida, di come utilizzare quel dolore e quella nuova libertà. A volte si sceglie in prima persona, a volte scelgono gli altri per noi. In ogni caso si affronta un lutto. E questo stretto e oscuro passaggio, questa ombra, rivela sempre una grande luce. E prepara alle tante altre forme di lutto che incontriamo nella vita, fino all’epilogo della propria parabola.


Ma di quell’amore infernale, di quel piacere ineffabile che ti entra nel sangue, la nostra mente potrebbe decidere di non volerne affatto fare a meno. E allora la schiavitù si perpetua, fino all’avvilimento totale del corpomente, che gradualmente si spegne. Le scatole cinesi diventano sempre più traslucide ma permanenti. 



Penso a come le nostre percezioni lavorino in modo circolare, ridondante sui nostri pensieri. I programmi televisivi che ci fissano la sera, se lo permettiamo, i rumori dei vicini, i loro segreti, le nostre e loro piazze, mostrate a tratti, a lampi, in interazioni manifeste e spesso volgari. Quel che mangiamo, quando e come ci laviamo, dove decidiamo di fermarci, nella nostra casa, a riflettere, a masturbarci, a piangere, a giocare e gioire. Le strade che facciamo ogni giorno per andare al lavoro, e i territori dell’immaginazione che percorriamo, spesso oscuri, depressi, a volte maniacali, a volte megalomani. Basta poco perché tutto venga spazzato via e rinnovato. In negativo, una malattia, una perdita. In positivo, un incontro, una nascita. 



Ma abbiamo la responsabilità di riprendere in mano la nostra libertà, e di tornare a scegliere a ogni respiro chi siamo, e riconoscere la nostra vera natura. Solo così, anche in amore, avremo la possibilità di incontrare realmente l’altra persona, e non un suo fantasma, non un suo demone.  


info: disegni di Akab, tratti dal quasi inedito Not an atom of hell shall enter into my paradise, per il quale ringrazio personalmente l'autore, nella speranza di una prossima pubblicazione in italiano.

lunedì 22 dicembre 2014

^Sigh^Life! - The, biscotti e le Ragazzine



Un mio articolo su Dylan Dog ha fatto succedere alcune cose.
Qualcuno si è scocciato, ritenendo ridicola la mia analisi.
Qualcuno si è congratulato, ritenendo chiara e decisa la mia analisi.
Qualcuno si è sorpreso, ritenendo inutile la mia analisi.
Qualcuno non ha fatto nulla.

A me Dylan Dog è piaciuto, come a molti. Ma mi è piaciuto a posteriori. Non lo leggevo negli anni della sua uscita originale. Ho recuperato i primi cinquanta numeri circa qualche anno dopo. E non ho mai provato quella sensazione di sorpresa mista esaltazione tipica di altri miei coetanei del tempo. Avevo un interesse acceso ma moderato.
Poi mi è scivolato tra le dita e nella mente.
Credo sia importante sottolineare però che quando Gualdoni ha preso in mano la responsabilità editoriale della testata, le cose sono precipitate terribilmente. Non discuto né ragiono sulla motivazione di tale scelta da parte della Bonelli, o sul modus operandi di Gualdoni, perché lascio che ognuno si prenda le giuste responsabilità. Ma è necessario dire e ridire che quanto è stato fatto a livello di progettazione editoriale delle storie, di idee narrative sul personaggio, si è rivelato goffo, negativo, avvilente per i lettori. Credo anche per gli autori che ci hanno lavorato. Oggi quando si parla di quel (lungo) periodo, vedo molte persone fare un sorrisino ironico e un'alzata di spalle. Questo è un errore. Dylan Dog resta, volente e nolente, un patrimonio dell'intrattenimento a fumetti italiano. E la gestione Gualdoni va detta e raccontata per il disastro che è stata.

La gestione Recchioni è all'inizio. Sicuramente è presto per averne un punto di vista coerente e ampio, ma ho sentito il bisogno, sì il bisogno di esprimere un giudizio netto e forte sulle prime storie, perché le ho trovate deludenti sotto tutti i punti di vista.
Sono convinto che si possa fare molto meglio, mantenendo coerenza con il personaggio e avendo ben chiaro il "mandato" editoriale della testata. Seriale non vuol dire gioco al ribasso. Non necessariamente. E questo anche per rispondere a chi sostiene che di Dylan Dog non valga neppure la pena parlare.
Mi piace il seriale. Mi è sempre piaciuto. So che certe cose non sono più di mio interesse, e ho la coerenza di abbandonarne la lettura (ultimo in ordine di tempo, Lukas). Ma mi interessano quelle storie, il rapporto che esse rinnovano tra intrattenimento e cultura, tra mestiere ed espressività. E se qualcuno cerca di restituire senso a una testata storica come Dylan Dog, per i primi mesi avrà tutta la mia attenzione. Non è neppure un problema di cassa di risonanza, di opportunismo o di "popolarità".
Ho molta cura, tra l'altro, di pormi alcune domande mettendomi dal punto di vista del lettore "seriale" (che non è un killer) o "inconsapevole". Quel punto di vista credo di saperlo cogliere e comprendere. E non possiamo fare l'errore di analizzare il riscontro del nuovo progetto editoriale partendo solo dal presupposto delle vendite, che contano, e molto, ma in un'analisi critica sono uno degli elementi da considerare, non certo l'unico.

Quindi, ho posto una questione in merito all'attualità dell'horror nel seriale italiano. Il terrore del quotidiano che viviamo è fatto di talmente tante cose, dense e sottili, che credo sarebbe più che possibile elaborarlo per ottime storie dylaniane. Ma richiede una sensibilità che ancora non vedo. Quella stessa che invece incontro quando leggo le storie più crude e violente di Julia, come nell'ottima Myrna: Bloody Pulp (un titolo che è anche una dichiarazione di intenti). Il paragone può sembrare inopportuno. Ma se di horror dobbiamo parlare per Dylan Dog, siamo senz'altro più vicini a quanto stanno facendo in alcune storie Berardi, Mantero e Calza, che all'approccio storico e gotico del Dampyr di Boselli.
Ogni serie, però, dovrebbe avere la sua identità. Dylan Dog l'ha totalmente persa, negli anni, a causa di alcune precise derive narrative e alle scelte editoriali senza criterio di alcuni editor.

Non commetterei mai l'errore di valutare la riuscita di una testata di Dylan Dog confrontandola con l'orrore emotivo di un lavoro di Ratigher. Le Ragazzine le leggo ancora insieme a dei buoni biscotti e a una tazza di the, in attesa che il nuovo mensile Bonelli mi offra qualche sensato disturbo emotivo. Se ciò non avverrà nei prossimi mesi, farò scelte coerenti con le mie emozioni e riflessioni.

Topolino - Star Top 1-3

^Sigh^Score! 5/6

Leggero, fresco, divertente.
Un mistero, scrivere per Topolino, oggi.
Una strada curva oltre il buco nero
della tradizione. Un viaggio interstellare.
Enna è il migliore, o quasi, al momento.
E l'avventura spaziale non è solo un divertissment, ma un piccolo colpo di fiato dove si rischia l'asfissia.
Approvato anche da bimbi di 4 e 8 anni.

info: star top, su topolino
       intervista a bruno enna

mercoledì 3 dicembre 2014

^Sigh^Life! – Il rilancio di Dylan Dog non funziona



Tre numeri per il rilancio tanto atteso di Dylan Dog, finora. Tre numeri che non funzionano. Il resto, al tempo. Ma fermiamoci qui. 
Intanto le tre firme alle sceneggiature: Roberto Recchioni, Paola Barbato, Gigi Simeoni. Sono tre degli assi portanti del nuovo corso della serie. Il terzo è la novità e, ammetto, quello da cui mi attendevo di più, visto la qualità delle sue prove precedenti. Ma il sig. Dog ormai sembra un buco nero creativo.
La prima storia, Spazio Profondo, un numero a colori sceneggiato da Roberto Recchioni con i disegni di Nicola Mari, ha almeno tre pecche: una storia piatta sul piano emotivo, una chiusura con ribaltamento finale che nemmeno negli anni ’80, un protagonista talmente diluito tra i suoi cloni da nascondersi nelle pagine e nella trama. La storia scivola via, invece di scorrere, nel totale e disarmante disinteresse del lettore, che rimane colpito dalla banalità feroce della chiusura.
La seconda, Mai più, Ispettore Bloch, è firmata Paola Barbato e Bruno Brindisi. Siamo al minimo sindacale. Il soggetto è sciocco, non mi viene altra parola. La logica narrativa con cui Barbato muove la Morte avvilisce anni (secoli) di storie sul valore simbolico che la riguarda. Non c’è ironia, non c’è poesia, non c’è paura, non c’è. E basta. E nel frattempo, il famoso Ispettore Bloch reagisce al pensionamento con la più prevedibile delle modalità… rimbambendosi totalmente. Brindisi fa il suo lavoro con professionalità, ma non so cosa darei per vederlo lavorare (di nuovo) su altri personaggi, con quella sana voglia di rimettersi un po’ in discussione sul piano artistico.
La terza, Anarchia nel Regno Unito, di Gigi Simeoni e Giampiero Casertano (con Recchioni a supporto nel soggetto) è la delusione maggiore. Dylan viene calato in un contesto che lo estranea, in modalità che sono del tutto guidate da necessità narrative avulse da qualunque coerenza psicologica, dove si ritrova a muoversi scomodamente secondo eventi che lo snaturano completamente. Non mancano i momenti efficaci, perché Simeoni e Casertano sanno raccontare. Ma nel complesso, la storia non regge. Le parti meno comprensibili, quando l’Ispettore Carpenter riarma Dylan Dog; come improvvisamente gli lasciano (relativa) possibilità di movimento, in pieno contrasto con la durezza e lo scetticismo dell’apertura di storia; e il quasi bacio con relativo ammanettamento finale. Infantile.
Ora, sgombriamo un equivoco. Non sono un rigido amante del vecchio Dylan Dog. Non sono di quelli che ritengono che i personaggi non possano essere svecchiati, rinnovati, modificati, ecc. ecc.
Ma non riesco a sopportare il semplicismo. Non mi piace vedere la superficialità con la quale i creativi di casa Bonelli stanno affrontando lo sviluppo (fondamentale) di questo personaggio. Non mi piace l’eccessivo schematismo, dove le scelte della trama, necessarie ed imposte esternamente per esigenze degli autori, sviliscono qualunque verosimiglianza psicologica e ridicolizzano l’intelligenza espressiva degli autori.
Sono severo? C’è l’urgenza di dare spessore a Dylan Dog, non di schiacciarlo con scelte banali. Va bene citare Spider-Man nelle copertine, ma ridicolizzare Dylan Dog con commenti che nemmeno il buon Stan Lee dei tempi d’oro… Credo che il problema sia la comprensione reale del ruolo che Dylan dovrebbe avere oggi nella scena fumettistica italiana. Il problema ha a che fare con l’horror, e il suo senso nella post-modernità. Perché sappiamo che è quasi impossibile realizzare un buon horror a fumetti. Lo sappiamo tutti, no? Eppure sappiamo di quali e quante possibilità inesplorate ci siano. La ricetta dell’horror di Dylan Dog, che dovrebbe funzionare ancora oggi, è inserire nelle sue storie la follia dell’orrore quotidiano. Esploderlo in tutte le sue contraddizioni, ora con poesia, ora con ironia, ora con semplice “cattiveria”. Ma ho l’impressione che agli autori (quelli prima della nuova fase e quelli successivi) non abbiano affatto la capacità di sintonizzarsi e, soprattutto, di raccontare di cosa è fatto questo liquido orrore quotidiano di oggi, questa sua costante tensione sottotraccia, questa sua invadenza e viscosità.
La storia di Simeoni è la precisa dimostrazione di ciò. Il terrorismo, le manifestazioni di piazza, la violenza delle masse, … sono temi centrali delle paure che oggi attraversano il mondo occidentale. E come vengono affrontate? Con il solito (e per nulla inquietante) riferimento a una passata morte violenta, una sorta di possessione demoniaca di piazza, e trasformando la serie in una sorta di action comics dove il coinvolgimento emotivo viene azzerato. Qualche spruzzata di riflessione sociale qua e là, e il gioco è fatto. Un gioco, appunto. Quando si dovrebbe fare sul serio. Quando gli autori dovrebbero provare a sporcarsi le mani con quello che fanno, e mettersi davvero in discussione. Partendo dal soggetto. Se senti che il soggetto è troppo scontato, che le soluzioni che pensi sono incoerenti o superficiali, sei sulla cattiva strada. Se al soggetto sacrifichi la coerenza psicologica, e lo sviluppo diventa avvilente per il protagonista, stai sbagliando.
I segni sono questi, e ci sono tutti. E prima ancora che di incapacità degli autori, vorrei che la conclusione di questo cattivissimo articolo facesse riflettere sui tempi, i tempi che corrono. Il seriale ha bisogno di tornare a fare sul serio. Divertendo. Divertendosi. E non a svolgere compitini marketing oriented.
E questo è più o meno tutto. 

lunedì 1 dicembre 2014

^Sigh^Life - Officine Libra vs Officina Infernale



Sabato 29 novembre alle Officine Libra di Monza, ospite Officina Infernale, che ha presentato il suo nuovo lavoro, Iron Gang. Revisionismo? Divertissment? Gioco post-moderno?
Un lavoro dall'impatto visivo potente, che gioca con i cliché del genere supereroistico in modo decisamente personale.
Ecco di seguito un po' di foto della serata. 












E nel frattempo, lo sfondo visivo rimandava l'impossibile Flash Gordon di inizi anni '80... Puro surrealismo.



giovedì 6 novembre 2014

Le ragazzine stanno perdendo il controllo

^Sigh^Score! 6/6

Siamo stati adolescenti
e siamo sopravvissuti.
Siamo fortunati.
Ma non scordiamo mai cosa abbiamo passato.
E quanto è importante essere vivi adesso.
Prima di perderci in una nuvola di luce azzurra.
Cosa abbiamo davvero dimenticato?
La crudeltà, l'isolamento, la speranza...

info: il blog di Ratigher

martedì 26 agosto 2014

^Sigh^Life! - Lettura sequenziale e Tarocchi (conclusione)



Prima parte qui.
Seconda parte qui. 
Terza parte qui.
E ora, la conclusione!

Lo spazio bianco
Nel fumetto, sappiamo quanto sia importante il processo di interpretazione e costruzione immaginativa del lettore quando il suo sguardo si muove tra una vignetta e l’altra.
Per chi legge e si occupa di fumetti, il processo è noto, per quanto piuttosto misterioso. Per chi per la prima volta si approccia al fumetto, tale processo appare oscuro e sorprendente. Per alcuni, si configura come un vero e proprio ostacolo, tanto da portarli ad abbandonare la lettura. Per molti, nasce un meccanismo mentale complesso ma generalmente immediato (ovvero non mediato da un pensiero consapevole) che porta alla scoperta di un nuovo universo immaginativo.
Il passaggio più interessante e complesso, riguarda il cosiddetto spazio bianco tra una vignetta e l’altra. La sequenza delle vignette, per sua natura frammentata e congelata in istanti dello spazio-tempo, prende vita attraverso la capacità ideativa della mente che letteralmente crea movimento, pensiero, sviluppo dove non ci sono. I simboli si condensano in un nuovo universo significativo, filtrato attraverso le esperienze e le emozioni del lettore. Il fumetto ha quindi in questo meccanismo il suo più interessante paradosso, che appassiona milioni di lettori: una generale ampia accessibilità, mediata da un processo di interpretazione e lettura complesso, che permette molteplici piani di accesso e richiede la partecipazione attiva del fruitore.
La lettura dei Tarocchi si muove in una direzione simile, spesso sovrapposta.

Leggere i tarocchi per comprendere i fumetti
Un esempio di lettura. Si presentano in sequenza tre Arcani Maggiori: X La Ruota di Fortuna, III L’Imperatrice, XXI Il Mondo.



Ogni lettura è generalmente guidata da una domanda che pone il consultante, che può riguardare aspetti critici nel suo presente, o un tema irrisolto e ricorrente rispetto al proprio percorso esistenziale e psicologico.
Nell’esempio, volutamente semplice, immaginiamo che il consultante debba cambiare lavoro, e voglia capire quali sfide esso possa portare, quali risorse debba mettere in campo e se, in generale, potrebbe trattarsi di un cambiamento positivo o difficile.
La lettura delle carte, da sinistra a destra, potrebbe essere la seguente:
il cambio di lavoro rappresenta la chiusura di un ciclo, di una fase importante della tua vita (La Ruota di Fortuna). Richiederà molta energia, creatività e freschezza mentale e fisica (L’Imperatrice) per riuscire a raggiungere un grande livello di soddisfazione, una piena realizzazione (Il Mondo). Ci sono alcune insidie. Non riuscire ad abbandonare l'attaccamento al vecchio lavoro, e non convogliare adeguatamente l'entusiasmo e l'energia. Ma il cambiamento dovrebbe essere positivo.
Questo tipo di interpretazione, si muove sulla base dei simboli, in un processo sequenziale, rispetto a una domanda. I simboli si arricchiscono poi di proiezioni e senso, grazie al dialogo con il consultante, con quello che lui costruisce a partire dai simboli stessi. È questo il processo ricorsivo di cui accennavo in precedenza, dove i simboli offrono intuizioni al consultante e a sua volta quest’ultimo dà forma ai simboli.
Ne nasce una storia, che si intreccia con la vita.

Posto che l’obiettivo della lettura dei Tarocchi o di un fumetto è completamente diverso, il meccanismo di interpretazione ha tuttavia diversi parallelismi. Sempre di interpretazione sequenziale di simboli si tratta, attraverso un processo ricorsivo.
Il lettore osserva i disegni e legge le parole delle vignette, che hanno un loro contenuto per così dire oggettivo. Ad essi, il lettore dà senso e costruisce la sua storia mentale durante l’interpretazione dei simboli, sviluppano la sua narrazione che è, per natura propria del fumetto, unica e diversa da quella di ogni altro lettore, con gradi di variabilità che cambiano a seconda del tipo di fumetto. Stili più iconici, sintetici e artistici possono offrire maggiori spazi all’immaginazione del lettore. Come ci mostra felicemente l'inquietante Jim Woodring.


Stili più realistici, didascalici o dettagliati possono ridurre questi spazi. Ma mi rendo conto, qui, che sto rischiando di banalizzare troppo.
Quel che resta interessante, a mio avviso, è che lo studio dei Tarocchi ci può offrire interessanti intuizioni su come funziona anche la lettura dei fumetti, da un lato. E dall’altro, che la capacità di interpretazione dei Tarocchi sviluppata negli anni da Alejandro Jodorowsky si collega strettamente con la sua esperienza in ambito fumettistico, per quanto lui non espliciti mai questo legame.
Aggiungo che è probabile che anche la mia curiosità per i Tarocchi nasca dalla mia lunga frequentazione dei fumetti. 

In conclusione, una piccola informazione che corona queste mie riflessioni.
Un monaco italiano della tradizione di Thich Nhat Hanh, residente a Plume Village in Francia, utilizza a scopo oracolare una selezione di strisce di Calvin & Hobbes di Bill Watterson.
Una volta ho provato anche io. Ho fatto una domanda, e ho pescato a casa una striscia dall’opera omnia di Calvin & Hobbes.



La mia domanda aveva a che fare con la mia autostima, e il mio bisogno di essere amato per quello che sono (o che faccio?!). La risposta della striscia è più o meno questa (per come la interpreto io): non puoi comportarti bene in attesa di avere una qualche ricompensa. Perderesti autenticità. Il tuo comportamento dovrebbe essere saggio in sé stesso. Pulito.
Ma ognuno, per il processo che ho spiegato sopra, potrebbe interpretarlo a proprio modo, a seconda della propria domanda. O non leggerci dentro niente, ma questa è un’altra storia ancora.


Qui il mio esperimento oracolare con Calvin & Hobbes in modo un po’ più esaustivo (con traduzione). 

giovedì 14 agosto 2014

^Sigh^Life! - Lettura sequenziale e tarocchi (3)

Prima parte qui

Seconda parte qui 

I Tarocchi nella vita
Negli anni, Jodorowsky è diventato i Tarocchi. Li ha assorbiti nel quotidiano della propria vita, interpretandoli come fossero personaggi di teatro, o come protagonisti di una storia cui lui ha dato forma.
Nel libro La via dei tarocchi racconta quello che ha fatto. Oltre a ridisegnarli tutti, ha di volta in volta osservato, tenuto nella tasca o sotto il cuscino, interpretato negli atteggiamenti ognuno degli Arcani Maggiori, cercando di diventare egli stesso simbolo. È un processo che ha a che fare con la ricerca esistenziale e psicomagica dell’autore, ma che per certi versi non si discosta troppo dal lavoro di identificazione che ogni autore (di fumetti, di letteratura, ecc.) fa quando è immerso nella realizzazione di una nuova opera: si lascia vivere dai suoi personaggi, per comprenderne il senso più completo all’interno della dinamica narrativa che lo riguarda.
Contemporaneamente ha iniziato a interrogarli, ovvero a leggerli, sia singolarmente, che in schemi e sequenze. Prima da solo, poi con altre persone.

Lettura sequenziale
La lettura dei tarocchi può avvenire in diverse forme. Jodorowsky, nel suo percorso, ha usato più o meno tutte le strade e modalità. La lettura immediata e intuitiva di un’unica carta, per esempio un arcano maggiore…


La costruzione di un ambizioso mandala che raccoglie tutti i 78 tarocchi secondo principi numerologici (a base dieci)…



 Le diverse possibili sequenze durante le consultazioni, quando le carte vengono pescate e ordinate secondo schemi prestabiliti, il più semplice dei quali è la disposizione e lettura da sinistra a destra.




Nel processo di ogni forma di lettura sequenziale (e uso il termine lettura consapevole del suo significato estremamente limitato) la bidimensione viene superata, per entrare in una terza dimensione che è sia visiva che concettuale: visiva perché in qualche modo, anche nella semplicità dei disegni dei tarocchi, le forme simulano la profondità dello spazio; concettuale perché il senso di quanto si sta leggendo e guardando nasce sulla base delle proiezioni, dell’immaginazione del lettore. Il consultante, cioè, osserva le figure e ne interpreta emozioni, intenzioni, simboli. Costruisce una prima storia, che è sia oggettiva che soggettiva, attorno ad ogni singolo personaggio.
In una sequenza, a un secondo livello, poi, il consultante immagina lo sviluppo temporale di una nuova storia, dove le immagini e i simboli dei singoli tarocchi interagiscono tra loro, mutando il senso complessivo di ogni carta. La lettura sequenziale è quindi condizionata in modo circolare da ciò che si vede e da ciò che si proietta. 

(continua)

mercoledì 13 agosto 2014

^Sigh^Life! - Letture sequenziali e Jodorowsky (2)



Prima parte qui

Oracoli?!
E qui, credo sia importante aprire una parentesi, prima di perdere la (minima) credibilità e fiducia dei lettori di questo blog. 
Gli strumenti oracolari quali i tarocchi e l'I Ching, per come li studio e utilizzo io, sono dei potentissimi messi proiettivi, e favoriscono nelle persone percorsi di conoscenza di sé inediti, rapidi e intuitivi. Rompono molti cortocircuiti razionali, spostano l'attenzione della nostra mente-scimmia su visioni imprevedibili, favorendo lo sviluppo di consapevolezze e conoscenze inedite.
Il processo proiettivo funziona in due direzioni: la persona che interroga l'oracolo proietta sui simboli le sue idee, le sue convinzioni, le sue emozioni; il simbolo proietta sulla persona i sui significati tradizionali, le sue interconnessioni visive e logiche.
Da quel che ne so, nessuno dei più esperti e seri studiosi di strumenti oracolari li utilizza per predire il futuro, quanto per percorsi di auto-conoscenza e di consapevolezza. Così li utilizzo io. Così ha fatto per quasi mezzo secolo Jodorowsy con i Tarocchi di Marsiglia. 

Piuttosto, alla base dell'utilizzo degli oracoli a scopo esistenziale, trovo molto interessante il concetto di sincronicità introdotto da Carl Gustav Jung. In due parole, tale concetto cerca di dare un senso al rapporto acausale tra due o più fenomeni complessi. Nel caso degli oracoli, un simbolo tradizionale entrerebbe in relazione con la vita di una persona, offrendo alla persona gli spunti, le sfide, le intuizioni di cui avrebbe bisogno lo sviluppo psicologico di quella persona in quel preciso momento. A monte di questo concetto, c'è il significativo studio di Jung sugli archetipi e il cosiddetto inconscio collettivo. Ma è giusto fermarsi qui.

I Tarocchi di Marsiglia
Chiunque abbia la curiosità di conoscere i Tarocchi di Marsiglia, deve leggere il libro 
La via dei tarocchi. Ma è un libro che consiglio anche a chi abbia voglia di conoscere più a fondo la filosofia, la mentalità e la vita di Jodorowsky. Per inciso, non mi ritengo un fan di Jodo, ma non è possibile dire di conoscere il fumetto se non si sono lette alcune delle sue opere: Incal, Meta-baroni, Tecnopadri, ...
Perché parlarne qui? Perché Jodorwsky approccia la lettura sequenziale dei tarocchi in un modo che assomiglia molto al processo richiesto ai lettori di fumetti. Anzi, ritengo che tale approccio dell’autore e ricercatore sudamericano nasca anche dalla sua esperienza nell’ambito del fumetto.
Intanto, Jodo nel corso della sua esplorazione ha osservato, ridisegnato, restaurato ognuno dei 78 tarocchi marsigliesi. Li ha quindi assorbiti non solo su un piano, che potremmo dire psicologico, ma anche visivo/grafico. Fino a diventarne in qualche modo autore. Il suo lavoro di restauro, infatti, con la collaborazione di Camoin (editore di lunga tradizione dei tarocchi marsigliesi), si inserisce nella tradizione, cercando di recuperare forme e colori originali via via dispersi nel corso delle diverse ristampe e nuove interpretazioni, ma ha dato vita a tarocchi del tutto nuovi, propriamente suoi.
L’autore Jodorowsky ha realizzato questo processo non solo dal punto di vista grafico/visivo, ma anche e soprattutto per quanto riguarda la loro lettura e interpretazione.


(continua)

Esempi del lavoro di restauro dei Tarocchi di Marsiglia realizzato da Jodorowsky:

Fonti del restauro e risultato finale (a destra) 

Fonte del restauro
Tarocco restaurato

















Fonte del restauro
Tarocco restuarato

giovedì 24 luglio 2014

^Sigh^Life! - Letture sequenziali e Jodorowsky (1)


Strumenti oracolari
Per ragioni professionali e personali, negli ultimi anni mi sono ritrovato ad approfondire alcuni strumenti di diverse tradizioni utilizzati per fare oracoli.
Ho iniziato con i Tarozzhi Zen di Osho. Sono diretti, intuitivi, semplici e al tempo stesso profondi. Nel mio lavoro di musicoterapeuta, li ho trovati molto utili nello stimolare suggestioni immediate alle persone.



Più complesso, stratificato, affascinante e, si potrebbe dire, totale l'approccio all'
I Ching, o Libro dei Mutamenti, uno degli strumenti oracolari antichi più diffuso in occidente, che affonda le sue radici nella millenaria filosofia tradizionale cinese e che è alla base dei successivi sviluppi della filosofia Taoista. L'I Ching è prima di tutto un libro di saggezza, e agli inizi del Novecento del secolo scorso si è diffuso rapidamente in Europa grazie all'ottimo lavoro di traduzione (dal cinese al tedesco) di Richard Wilhelm, con un'introduzione che è entrata nella storia da parte dello psicanalista Carl Gustav Jung. Lo studio di questo libro, della sua filosofia e delle sue potenzialità oracolari è infinita.




Negli ultimi mesi, poi, ho iniziato a esplorare con grande interesse i 
Tarocchi di Marsiglia, grazie al lavoro magistrale, tradizionale e rivoluzionario insieme, sviluppato nel corso di alcuni decenni di studio da parte di Alejandro Jodorowsky. Qui sotto puoi vedere gli Arcani Maggiori dei tarocchi marsigliesi, secondo il lavoro di restauro realizzato da Jodorowsky e Camoin. Ma su questo mi concentrerò nei prossimi articoli, perché è di lettura sequenziale che ho intenzione di parlare. 

(continua)